Fatti & Misfatti: Lo spread alto non era colpa di Berlusconi, meglio tardi che mai

Lo spread a 550 punti base raggiunto nel novembre 2011 non era colpa del governo Berlusconi

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Meglio tardi che mai. Con quasi un anno di ritardo, uno studio autorevole sulla finanza pubblica italiana, frutto del contributo di 14 economisti, riconosce che lo spread a 550 punti base raggiunto nel novembre 2011 non era colpa del governo Berlusconi, ma dell’insipienza dei vertici europei. Certo, un anno per riconoscere quanto Berlusconi e i vertici del Pdl hanno sempre detto, non è un tempo breve. Ma il tempo è sempre galantuomo, e anche in questo caso ci dà ragione. Converrà dunque annotarsi che stiamo parlando del "Rapporto 2012 della finanza pubblica italiana", edito dal Mulino, curato dal professor Alberto Zanardi, docente di Scienza delle finanza a Bologna, che in 281 pagine raccoglie il contributo di 14 colleghi economisti.

Vi si legge che "la grave crisi di sfiducia dei mercati sulla sostenibilità del debito italiano" (in parole più semplici: l’aumento dello spread tra i titoli decennali italiani e quelli tedeschi) non fu colpa del governo allora in carica. A provocare quella crisi furono "le tensioni sui debiti sovrani dei Paesi periferici della zona euro e la miope gestione dell’insolvenza greca da parte delle autorità europee". Dunque, non Berlusconi (a cui venivano addebitati addirittura 200 punti di spread), ma "la miopia delle autorità europee" di fronte al caso Grecia. E a rendere più grave la situazione di crisi dell’Italia non furono le scelte del governo Berlusconi in materia di finanza pubblica (che furono efficaci, e poi copiate e completate dal governo Monti), ma "fattori esterni", europei e internazionali.

L’Italia, si legge nel Rapporto, "non ha mai mancato di onorare i suoi impegni sul debito pubblico", sia con Berlusconi prima che con Monti poi. E "oggi - debito a parte - gli indicatori di finanza pubblica sono assai più sotto controllo in Italia che in quasi tutti i Paesi europei".

Poiché è stato scritto prima del recente intervento di Mario Draghi, che ha impegnato la Banca centrale ad "acquisti illimitati" dei bond dei Paesi in crisi e definito così per la prima volta un ruolo attivo della Bce contro la crisi, il saggio del Mulino punta il dito sulle debolezze strutturali della costruzione europea (dove la Bce non può ancora essere paragonata a una vera banca centrale - debitrice di ultima istanza), e critica l’incapacità dell’Unione economica e monetaria europea "di arginare la crisi dei debiti sovrani, a causa dei ritardi e delle inefficienze nel sostegno finanziario concesso ai Paesi membri più vulnerabili dalla speculazione internazionale". Dunque, gli stessi rilievi critici che per mesi sono stati fatti in solitudine da Berlusconi e dal Pdl. Finalmente uno studio autorevole che ci dà ragione. Meglio tardi che mai.

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